Il Global Retail Trends 2018 di KPMG1 si è concentrato sulla customer experience nel settore retail perché se è vero che l’online non sostituisce il negozio fisico ma è una sua integrazione (il 96% degli italiani utilizza internet prima dell’acquisto2 e l’e-commerce incide per circa l’8% del commercio in Italia3) è altrettanto evidente che sia il piccolo negozio che il grande store dovranno sempre più diventare un luogo di esperienze per il consumatore per restare competitivi rispetto alla crescita degli e-commerce. E per farlo il punto forte diventa la tecnologia che spinge sulla personalizzazione e l’interazione. Ma anche sulla trasparenza dell’azienda: dall’origine dei prodotti, a garanzie etiche sulla filiera di lavorazione alla sostenibilità ambientale.
Fin qui le “regole” generali che valgono per tutte le aziende e che le grandi realtà multinazionali applicano già da tempo e con una capacità di investimenti naturalmente di gran lunga superiore alle realtà medio-piccole.
IL TERRITORIO E LA STORIA: UNA RISORSA PER L’EXPERIENCE. Le aziende del “Saper fare italiano” hanno però un asso nella manica nel carnet di offerte per l’experience nel retail: i territori, le competenze e il patrimonio storico (dove non si intende solo la propria storia aziendale ma la storia del proprio settore). Un mix che può rappresentare un valore aggiunto per molte aziende. E di fatto c’è già una case history da seguire e che suggerisce che i risultati arrivano anche a fronte di investimenti neanche troppo ingenti.
In Italia, per esempio, tra i diversi esempi che si possono fare c’è il Museo della Grappa Poli a Bassano del Grappa. E’ interessante perché sorge nel centro della cittadina, racconta la grappa a 360° gradi e naturalmente termina con uno show room aziendale. Con una media impressionante di 13/14 mila visitatori mensili. A cui poi si aggiunge il museo aziendale a Schiavon. E’ interessante perché offrendo una autentica esperienza ai turisti della cittadina ci unisce naturalmente l’aspetto retail con lo showroom aziendale. Ma di casi interessanti ce ne sono altri. Come il Museo della Liquirizia Amarelli a Rossano Calabro che arriva a 60 mila visitatori l’anno. Naturalmente anche in questo caso al termine della visita c’è lo showroom.
E non necessariamente occorre arrivare ad avere un vero e proprio museo. Si può offrire una esperienza anche con meno: Una sala espositiva, una sala con vista sui laboratori, oppure un percorso interno al negozio stesso. Le soluzioni ci sono così come le opportunità però vanno sapute cogliere e sopratutto occorre una progettazione integrata tra cultura e retail perché una cosa è sempre indispensabile: l’autenticità!
Nella vicina Francia, per esempio, a Grasse non c’è una profumeria che non faccia visitare i propri laboratori di produzione, racconti come si arriva alla fragranza e poi al termine lo showroom.
Riferimenti:
1 Global Retail Trends 2018 KPMG
2 Google: internet e shopping fisico sempre più connessi per il 96% degli italiani
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