Mascherine obbligatorie, assembramenti vietati, entrate contingentate. In una parola: turismo lento. L’estate 2020 andrà nella direzione esattamente contaria all’idea del turismo di massa a cui ci siamo abituati che si auto-alimenta con i numeri. Quest’anno giocoforza non potranno esserci i pullman ricolmi di turisti ansiosi di affollare le nostre città giusto il tempo di apprezzarne, rigorosamente alla velocità della luce, la copertina e non il contenuto. Vivere l’atmosfera sembra(va) divenuto un lusso.
L’emergenza sanitaria in corso può trasformarsi in una occasione unica, si potrebbe dire irripetibile: tornare, per un anno, all’Estate Italiana. Non una operazione nostalgia che non servirebbe a nulla e ancor meno comunicherebbe in maniera efficace alle nuove generazioni, semmai una riscoperta e valorizzazione dell’offerta turistica italiana e del suo patrimonio.
Non è un elogio alla lentezza perché non è sufficiente promuovere il turismo lento, per quanto si possa considerare auspicabile – sempre – e “obbligatorio” visto i tempi in cui stiamo vivendo, se poi non vengono affiancate dei reali riscontri che siano autentici e identitarie e non misere messe in scena degne dei più celebri parchi divertimento.
Dalle Alpi alla Sicilia, passando per le città d’arte, può essere l’estate della riscoperta. Un grande test, a cielo aperto, per ripensare ad un turismo che non faccia solo numeri ma che porti valore aggiunto. Magari è l’occasione giusta per cancellare alcune storture che in questi anni hanno solo danneggiato l’immagine dell’Italia nel mondo.
Questa la mia personalissima (e provocatoria) classifica delle prime 5 cose da cancellare:
- Le finte insegne storiche: si capisce da subito che in quel locale di autentico non c’è nulla. Forse neanche le ricette.
- Le scritte “pizza” a caratteri cubitali per cercare di catturare il povero turista. Effetto massa. Dubbio gusto. Di sicuro non parte della tradizione italiana. Vale anche per le scritte cubitali “gelati” con improbabili colori o caratteri. Peggio ancora quando aggiungo “artigianale” e poi l’unico gusto che si sente è il ghiaccio.
- Sempre a tema cibo: I menù con le foto dei piatti talmente finte da sortire l’effetto contrario: faranno piatti così pessimi?
- Le varie imitazioni di personaggi storici locali. Dai “centurioni” a Roma passando per i personaggi da foto-ricordo sparsi un po’ ovunque.
- I “finti” mercati dell’artigianato made in Italy in cui di italiano non c’è proprio nulla. Stessa cosa vale per i finti negozi “tipici”.
A queste se ne possono aggiungere, a gusto, tante altre ma il senso è uno: tutte queste cose non rappresentano l’Estate Italiana, quella autentica. Quella imparata a conoscere nel mondo.
Torniamo a farci conoscere nel mondo per la Bellezza e l’autenticità. Fino a qualche mese tornare indietro sembrava (quasi) impossibile, ora c’è questa inaspettata “opportunità” e non sfruttarla sarebbe davvero un errore epocale.
La sfida non è inventarsi qualcosa di nuovo ma tornare all’autenticità sia del passato, la nostra identità, sia nel racconto del futuro. Così come lo stiamo immaginando.
Le condizioni di quest’anno possono permettere di farlo. Una grande prova generale, aiutata dai ritmi lenti imposti dall’emergenza sanitaria, che ricostruisca un modello di turismo nuovo, più efficace e dal maggior valore aggiunto. Per non rivedere il grande parco giochi di Venezia; Roma persa tra centurioni e falsi negozi locali; e Firenze alle prese con grandi affollamenti e un turismo incontrollabile. L’occasione è ora e adesso per ricostruire l’immagine dell’Estate Italiana come espressione di stile e bellezza.
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